dell'interesse pubblico. Ciò è quanto sancito con la ordinanza n. 27364 del 2018. In parole semplici, per tutte le ricostruzioni di edifici al confine con le aree e le vie pubbliche, non si applicano le distanze minime ma si adotta quanto previsto dalle leggi ed i regolamenti comunali. Nella sentenza di Cassazione suddetta, vi è il caso dei proprietari di un immobile che negli anni passati hanno presentato una domanda di demolizione e ricostruzione con arretramento di un fabbricato prospiciente alla loro proprietà, in quanto edificato ad una distanza minima consentita e cioè di 10 metri.
In primo giudizio, il Tribunale, appellandosi all'art. 879, comma 2 del codice civile, respinge la domanda. Infatti l'articolo predetto recita testualmente: alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze.
In secondo giudizio (appello), i ricorrenti (cioè coloro che iniziano una causa), hanno sottolineato l'applicazione dei limiti inderogabili delle distanze minime e assoluta di 10 metri tra pareti finestrate di edifici prospicienti, con o senza l'esistenza di una via pubblica. (art. 9 Decreto Ministeriale n. 1444/1968). In tal caso, l'appello è stato accolto e si condannava i convenuti (cioè coloro che sono chiamati a rispondere in causa) ad arretrare il fabbricato nella parte prospiciente fino ad una distanza minima di 10 metri.
Infine, per il terzo ed ultimo grado di giudizio, in Cassazione, viene sancita la deroga tra la distanza tra gli edifici. Nella fattispecie, si riporta l'art. 879 del c.c. alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze.
La considerazione è che in presenza di una strada pubblica o di una piazza, prevale il perseguimento di un diritto pubblico per un ordinato sviluppo urbanistico rispetto a quello privato, il tutto disciplinato dai regolamenti edilizi-urbanistici.